APPRENDIMENTO DI BASE:
Il Pentateuco è ritenuto da Israele il libro per eccellenza,
il libro dove l’Israelita trova l’origine,la storia, e la legge
della sua vita, la spiegazione del suo destino, la risposta ai
suoi interrogativi esistenziali. Da qui nasceva la
preoccupazione di ancorarsi all’osservanza rigida della “Legge”
data da Dio a Mosè. La pressione della cultura pagana idolatra
portò il popolo ebraico ad una interpretazione intransigente
della “Legge” con la conseguenza di isolarsi dai popoli pagani
vicinori, fino al punto da intrecciare con altre nazioni
rapporti bellicosi che spesso sfociavano in operazioni di
guerra. Nella mentalità dell’Israelita queste non costituivano
‘operazioni militari’ ma ‘interventi religiosi’, vere e proprie
‘operazioni sacerdotali’ volte a eliminare il male o a punire
coloro che si rifiutavano di vivere secondo Dio.
Secondo la dottrina cristiana il Pentateuco va visto come una
tappa di formazione del popolo eletto di Dio, mirata a
indirizzare le coscienze ad una nuova e rinnovata religiosità,
in attesa del ‘Nuovo Legislatore’, quel Gesù Cristo, il termine
ultimo verso il quale tende la ‘Storia della Salvezza’ e le dà
tutto il significato. Il Pentateuco, quindi, secondo la Chiesa
Cattolica, deve essere visto e letto con lo sguardo rivolto a
Cristo cui esso mira, e alla nuova vita cristiana cui esso
prepara.
APPROFONDIMENTO: Caratteristica
fondamentale da valutare di tutto il Pentateuco è il “senso
religioso” e il suo “valore dottrinale”. Descrive, in un
intreccio inscindibile fra mito, storia, legislazione e
religione, la fedeltà alla “Legge” (detta anche la “Torah”),
ritenuta la guida indispensabile atta a regolare i rapporti fra
Dio e il popolo eletto. Poiché conteneva tutto l’insegnamento di
Dio, essa rappresentava per Israele l’unico strumento idoneo per
governare la vita quotidiana del popolo ebraico. Per questo il
Pentateuco è ritenuto da Israele il libro per eccellenza, il
libro che alimenta la sua fede, il libro dove l’israelita
ritrova la spiegazione del suo destino e la risposta ai suoi
interrogativi esistenziali. La scena di chiusura del libro di
Giosuè, che descrive Israele quando ha varcato i confini della
tanto sospirata terra promessa, può essere considerata la
sintesi dell’intero Pentateuco che ruota essenzialmente attorno
a tre eventi centrali: a) la vocazione alla fede dei Patriarchi
b) il grande dono della libertà nell’epopea dell’esodo c) il
meraviglioso segno della terra promessa, il luogo dove Israele
vivrà la sua storia. «… io presi il vostro capostipite Abramo
dalle terre al di là dell’Eufrate e lo condussi da un capo
all’altro del territorio di Canaan. Gli diedi un figlio Isacco e
numerosi discendenti… A Esaù diedi in possesso la zona di
montagna di Seir. Più tardi Giacobbe e i suoi figli si
stabilirono in Egitto. Ma in seguito io mandai Mosè e Aronne e
colpii l’Egitto con i miei interventi. Così vi ho liberato….»
(Gs 24 3,13)
Il popolo d’Israele ritrovava in quest’opera del Pentateuco
l’origine, la storia, la legge della sua vita, del suo destino,
della sua missione nel mondo, a patto però di conservarsi fedele
a Dio, respingendo l’idolatria che da ogni parte lo circondava.
Da qui nasceva la preoccupazione del legislatore affinché il
popolo d’Israele non si legasse ad altri popoli pagani, si
impegnasse ad isolarsi da essi per non contaminarsi, «osservo
questo popolo dalla cima delle rocce, lo guardo dall’alto delle
colline: è un popolo che vive in disparte e non si mescola con
le altre nazioni» (Num 23,9), ricorrendo unicamente alla
osservanza scrupolosa e intransigente della “Legge” dettata da
‘Colui’ che era in modo particolare il suo Dio e per il quale
Israele era il suo popolo. Il primo segno della separazione
dagli altri e di questa appartenenza a Dio fu costituito nella
carne con la ‘circoncisione’, presentata per la prima volta nel
libro della Genesi, nel contesto dell’alleanza fra Dio e Abramo,
«reciderete la carne del vostro membro e ciò sarà il segno
dell’alleanza tra me e voi» (Gen 17,11).
Di fronte alla pressione delle culture pagane del tempo, per
difendere la propria identità religiosa, il popolo ebraico si
vide costretto ad intrecciare rapporti bellicosi ed ostili con
altre nazioni. La separazione dagli altri popoli spinse Israele
anche a distruggere le popolazioni delle città sconfitte: un
modo di fare che può apparire scandaloso e inconcepibile per la
nostra mentalità ma, considerando il livello morale e il
concetto di coscienza comune presso i popoli antichi, esso
assumeva un ‘significato cultuale’, perché indicava l’offerta in
sacrificio al proprio dio. Per questo, le ‘operazioni di guerra’
di cui è protagonista il popolo ebraico non vanno considerate
come ‘spedizioni militari’, ma come ‘interventi religiosi’, vere
e proprie ‘operazioni sacerdotali’ volte ad eliminare il male o
a punire coloro che si rifiutavano di vivere secondo Dio.
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