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SCOPRIRE LA CONOSCENZA DI DIO CON UN LINGUAGGIO SEMPLICE
 



IL LIBRO DELLA GENESI
 
 
CAPIRE IL TESTO
 
Nel primo libro della Bibbia, Genesi, è descritta l’origine del mondo, «di tutte le cose, quelle dei cieli e quelle della terra» (Gen. 1,1), dell’umanità e del popolo di Dio. Quanto è narrato in questo libro, prima fu trasmesso oralmente da una generazione all’altra. In queste tradizioni il popolo ebraico vedeva le radici della sua storia, della sua cultura e della sua fede. Il termine ‘genesi’ deriva da una parola ebraica ‘in principio’: il principio della Bibbia, il principio del dialogo tra Dio e l’uomo, il principio di quella catena ininterrotta di parole e di eventi in cui Dio fissa gli indirizzi volti a regolare i suoi rapporti con l’uomo e con la natura. È il principio dellaStoria della Salvezza attuata da Dio dopo la caduta dell’uomo nel peccato originale
Sul piano redazionale il libro della genesi risale al V°-VI° secolo a.C. Molte voci e molte mani hanno concorso in tempi diversi alla stesura del testo; soprattutto molte antiche tradizioni, con le loro impostazioni teologiche e i loro colori letterari, convergono nel redigere un testo caratterizzato da un fitto intreccio di questioni mitiche, storiche e teologiche.
Gli studiosi dei testi biblici affermano che la descrizione del racconto delle origini è uno dei libri della Bibbia che risente maggiormente del pensiero mitico e delle concezioni del tempo (sumere, cananee, ittite, egiziane etc…) tendenti a drammatizzare gli enigmi del mondo e dell’esistenza con racconti impregnati di simbolismi. La Bibbia, nel presentare in un involucro rudimentale e con una visione mitologica l’origine del mondo, pone certamente l’autore biblico in netto contrasto con le attuali conoscenze scientifiche. Per coerenza non dovremmo accettare come credibili queste rappresentazioni anacronistiche, e necessariamente dovremmo rigettare in blocco il messaggio biblico della creazione. Per questo è veramente difficile per il lettore moderno apprezzare nel contesto di una logica razionale la profondità e la costante validità di “Genesi”.
 
 

La risposta della Bibbia sulle origini dell’uomo sicuramente non è indirizzata a un accertamento scientifico. La Bibbia non intende raccontarci quando è sorto materialmente il mondo o quando sia apparso l’uomo sulla terra. La Bibbia, uno scritto concepito e redatto oltre 2000 anni fa, considerando le scarse conoscenze del tempo, non poteva entrare mai e poi mai nel merito scientifico delle origini del mondo. In effetti, i modelli della cultura mesopotamica a cui sicuramente hanno attinto gli autori biblici, indagavano sulle origini del mondo popolato attraverso racconti mitici e cosmogonie, indirizzando il loro interesse alla comparsa di un popolo. Immaginavano la creazione generata da un conflitto fra esseri superiori dotati di volontà, ad esempio dèi o forze cosmiche, come il mare e la notte primordiale.
La critica contestuale afferma che il racconto della creazione prima di essere interpretato va “spogliato” della sua veste mitica e del suo linguaggio simbolico, sottoponendolo ad un processo d'analisi storica al fine di far emergere la sua verità profonda che intende trasmettere, sicuramente non in termini scientifici quanto invece su un piano religioso. Abbiamo già detto che, considerando il livello culturale e le scarse conoscenze del tempo, l’autore biblico non possedeva i mezzi per entrare nel merito della questione delle origini del mondo. È chiaro, quindi, che il libro di genesi non può trasmettere una verità scientifica. La riduzione della creazione ad un “creazionismo istantaneo”, riconducibile ad una serie d’interventi materialistici del Creatore, rappresenterebbe il frutto di una “lettura superficiale” mirata ad inserire ‘forzatamente’ il racconto biblico della creazione in un contesto tecnico-scientifico.

 
 

Il mito, quindi, tipica espressione della cultura delle civiltà primitive, va “demitizzato”, cioè purificato da ogni riferimento politeista e da ogni elemento antropomorfo per ricercarvi le intenzioni originarie dell’autore biblico; il mito va “recuperato”, inquadrandolo nell’ambito della ricerca esistenziale che da sempre ha coinvolto il pensiero umano.

 
 

Alla luce delle tendenze insite nella cultura del nostro tempo, legata ad un modo di pensare basato su una interpretazione logica e razionale degli eventi, è compito supremo della Chiesa Cattolica di offrire adeguati mezzi formativi per far comprendere il ‘senso religioso’ del messaggio insito nella narrazione biblica della creazione. Altrimenti si corre il rischio che il libro della Genesi venga rigettato aprioristicamente.
La questione delle origini del mondo è stata da sempre oggetto di numerose ricerche scientifiche che man mano hanno arricchito le nostre conoscenze sull’età e le dimensioni del cosmo, sul divenire delle forme viventi, sull’apparizione dell’uomo sulla terra. L’intelligenza umana fino ad ora non è stata in grado di fornire una risposta certa ed esaustiva sulle origini dell’universo e della vita sulla terra. Oggi gli scienziati, in definitiva, possono costatare, verificare e imitare, scoprire e riprodurre fenomeni, ma “di certo” rimane solo da “stupirsi” di fronte alle meraviglie della natura, e “limitarsi” a contemplare la perfezione assoluta insita nelle opere del creato. Nell’attesa che le ricerche scientifiche potranno giungere a conclusioni definitive la Bibbia ci invia la sua “risposta sulle origini, attraverso scritti che evolvono dinamicamente in un arco di tempo di circa 1000 anni prima della venuta di Cristo, attraversando le diversità e il pluralismo delle antiche culture del Vicino Oriente.
La Bibbia ci propone la sua “verità religiosa, in grado di consentirci l’acquisizione di quel minimo di conoscenza necessaria a poter trasformare il messaggio inviato da Dio in una risposta orientata al “senso esistenziale della vita”.
La Bibbia invita l’umanità a riflettere su ‘chi è veramente l’uomo’, ‘da dove viene’, ‘qual è il suo fine’: domande che investono l’uomo non soltanto sul piano speculativo (filosofico, esistenziale e religioso), ma soprattutto sul piano etico-morale, in quanto condizionano e determinano il suo agire nei confronti del proprio simile.

 
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