APPRENDIMENTO DI BASE: Purtroppo l’uomo fin dalle
origini tende a prescindere dal progetto che Dio gli proponeva, attuando
per sua libera scelta un progetto alternativo che lo porta ad infrangere
le armonie del piano divino. L’uomo, influenzato negativamente della
potenza demoniaca-tentatrice, disubbidisce a Dio. È così che il primo
uomo, creato da Dio nello stato primordiale di santità e di giustizia
universale, cade nel peccato e rompe l’armonia della creazione. Entra la
morte nella storia dell’umanità, da qui nasce il dramma del <peccato
originale> legato ad un atto d’estrema presunzione e di autosufficienza.
L’uomo da questo momento in poi sarà destinato a lottare quotidianamente
contro le forze del male che lo tenteranno in ogni luogo e in ogni momento
per indurlo ad allontanarlo dal progetto che Dio alle origini gli aveva
preparato. Dal racconto biblico appare chiaramente che la disubbidienza di
Adamo ed Eva, i quali con atto volontario e consapevole cedettero alla
tentazione del demonio, fu la causa dell’entrata del peccato nel mondo. La
Bibbia ci fa capire che la radice del peccato sta nel riporre fiducia
unicamente in se stessi; ci fa comprendere che il peccato è un male morale
generato all’interno della libertà dell’uomo stesso. Il problema del male
quindi diventa puramente una ‘questione antropologica’, cioè legata
all’uomo stesso; un problema che nulla ha a che fare con il piano divino
della creazione. Comprendiamo allora come Dio non è in alcun modo
responsabile, né direttamente né indirettamente, del male che imperversa
nel mondo: causa e vittima n’è dunque l’uomo stesso. Ci può in ogni modo
confortare che dalla Bibbia trapela un chiaro messaggio di speranza: Dio,
in linea di principio, non permetterà mai che il male possa contaminare
per sempre l‘opera della ‘Sua’ creazione. Ci fa sapere che alla fine dei
tempi il male sarà sconfitto definitivamente e prevarrà su tutto e su
tutti il bene!
APPROFONDIMENTO: Se i primi capitoli della Genesi descrivono con tono
ottimistico la creazione, come cosa buona, progettata dalla Sapienza
divina per porre l’uomo in posizione centrale all’interno del creato, i
capitoli 3-11 parlano del dramma dell’uomo che, tendendo per sua natura
all’autosufficienza, rigetta il dono di Dio. L’uomo, purtroppo, fin dalle
origini tende a prescindere dal progetto che Dio gli proponeva, attuando
per sua libera scelta un progetto alternativo che lo porta ad infrangere
le armonie del piano divino. Disubbidendo a Dio, complice l’influsso
negativo procurato dalla malvagità della potenza demoniaca-tentatrice
presente nel mondo, opta per un altro ordine morale da lui stesso
conquistato. Il serpente, il tentatore, non è un altro dio. È soltanto una
creatura astuta fatta da Dio, drammaticamente necessaria nell’economia del
racconto biblico della “Storia della Salvezza”, per porre l’uomo di fronte
ad una “prova di fedeltà” verso il suo Creatore e per introdurre
quell’elemento della “tentazione” che induce nella donna il desiderio di
mangiare il frutto proibito. Il tentatore scompare allorquando la sua
funzione narrativa è compiuta; ricomparirà nel proseguimento della
narrazione biblica assumendo il ruolo di spirito del maligno, Satana. |
In un racconto che utilizza un linguaggio di immagini
dalle forti valenze psicologiche, viene descritto un avvenimento
primordiale accaduto all’inizio della storia dell’uomo:
la disubbidienza
dell’uomo a Dio creatore. Dietro la disubbidienza c’è una voce seduttrice
che si oppone a Dio, un angelo decaduto, creato originariamente buono che,
rifiutando di servire Dio, ha cercato fin dai primordi di associare anche
l’uomo nella sua ribellione contro il Creatore. Viene raccontato come la
tentazione si insinua facilmente nella psicologia stessa dell’uomo. Il
tentatore fa balenare nell’uomo la possibilità di diventare simile a Dio,
gli inculca la diffidenza, lo incita alla disubbidienza e lo spinge alla
ribellione verso il suo Creatore. La donna acconsente, il cammino della
tentazione al peccato di disubbidienza a Dio è così percorso! Il primo
uomo creato da Dio nella santità e nella giustizia universale, compiendo
un atto di sfiducia verso il suo Creatore, rompe l’armonia della
creazione, innescando uno stato di disordine permanente nel progetto
originario di Dio. |
Dal racconto biblico appare chiaramente che
la
disubbidienza di Adamo e Eva, che con atto volontario e consapevole
cedettero alla tentazione del demonio e rifiutarono il progetto di amore
che Dio aveva preparato per loro, fu la causa dell’entrata del peccato nel
mondo. Da qui nasce il dramma del cosiddetto “peccato originale” che fin
dalle origini ha macchiato la realtà di ciascun uomo. Da questo momento e
per tutto l’arco della sua vita, l’uomo, che con l’atto di ribellione
aveva tentato di impossessarsi di ciò che era riservato esclusivamente a
Dio è destinato a lottare quotidianamente contro le forze del male che lo
tenteranno in ogni luogo e in ogni momento, per indurlo ad allontanarlo
dal progetto che Dio gli aveva preparato. La narrazione del ‘peccato delle
origini’ stigmatizza il ruolo operato dalla tentazione permanente e
insieme la situazione di disordine in cui l’umanità viene a trovarsi dopo
la caduta dei progenitori.
Gli effetti della disubbidienza a Dio saranno drammatici e dolorosi per la
specie umana. La conseguenza immediata non è la morte fisica, ma la morte
spirituale. La coppia è allontanata dal ‘giardino del dialogo’ con Dio che
ora sentono lontano e ostile; il loro destino di colpo è cambiato.
Avvertono una lacerazione interiore, ossia un conflitto fra carne e
spirito.
L’armonia della coppia è spezzata, il che provoca l’assoggettamento della
donna che d’ora in poi sarà vista e considerata dall’uomo come oggetto di
piacere. Si rompe l’armonia fra l’uomo e la natura, il lavoro diventerà
senza fascino e sarà causa di fatica e di sfruttamento. Essi ora saranno
costretti a ricercare una nuova vita e un nuovo modo di essere nel mondo
normale. Recita il testo: «allora i loro occhi si aprirono e si accorsero
che erano nudi». (Gen. 3,7). È una metafora che etichetta con tono
lapidario il loro nuovo stato: si accorsero che avevano perso ciò che
costituiva la loro condizione di privilegio voluta da Dio, capirono che
avevano rinunciato alla loro grandezza, si resero conto che il peccato
aveva procurato nel loro essere una condizione di squilibrio dalla portata
inimmaginabile, compresero che avevano perduto i loro requisiti di esseri
puri e perfetti. Adamo ed Eva ritornano nella polvere da cui provenivano.
Se fossero rimasti nell’intimità con il divino, quali esseri creati
incorruttibili, non avrebbero dovuto né soffrire né morire.
Entra così la morte nella storia dell’umanità!
Le conseguenze della colpa dei progenitori si riversano anche nei loro
discendenti. Quali capostipiti trasmettono il peccato originale a tutta la
natura umana che, privata della ‘santità’ e dello stato di ‘giustizia’
originale, ne esce indebolita, sottoposta alla sofferenza e al dolore, al
male e al potere della morte. La rottura della relazione di comunione con
Dio provoca come conseguenza la rottura dell’unità interiore della persona
e compromette nello stesso tempo la relazione armoniosa tra gli uomini con
le altre creature. In questa rottura originaria va ricercata la radice più
profonda di tutti i mali che insidiano le relazioni sociali fra gli uomini
e attentano alla dignità della persona. Ne deriva la disgregazione
progressiva dell’umanità che precipita verso il baratro della perdizione.
Il mondo si è posto sotto il potere occulto delle forze del male!
L’uomo d’ora in poi si vedrà costretto a lottare senza soste contro le
insidie e le tentazioni del maligno per restare unito al bene. La Bibbia
ci fa capire che la radice del peccato sta nel riporre fiducia unicamente
in se stessi e nelle proprie possibilità.
“Il peccato”, frutto di una rivendicata radicale autonomia dell’uomo dal
Creatore, ha una “matrice universale” che porta l’uomo ad allontanarsi dal
suo Dio.
“Il peccato” è un “male morale” che origina all’interno della libertà
dell’uomo stesso ed è in grado di distruggere la sua umanità
originariamente indirizzata al bene.
Dio, nella sua infinita bontà, rispetta la libertà e l’autonomia d’ogni
sua creatura, permette che essa possa deviare, costituendola unica
responsabile dell’uso che fa delle cose. Sulla base delle sue scelte si
deciderà il suo destino, a seconda se saranno finalizzate a mantenere
l’armonia del creato o se prevarranno finalità o bisogni egoistici. Alla
domanda che spesso viene posta: “perché Dio non ha impedito al primo uomo
di peccare?” o “perché Dio che è amore permette che possa esistere il
male?”, risponde la Scrittura: ‘Dio permette l’esistenza del male per
trarne da esso un bene più grande’ e ‘per far capire all’uomo dove sta il
bene e dove sta il male’. Le intenzioni divine sono quelle di riportare
l’umanità al fine originale della creazione: ricostituire l’armonia
primordiale per manifestare la gloria di Dio. Allora è chiaro che,
conoscendo il progetto originario di Dio per l’uomo, il male può essere
smascherato alla sua radice e nella sua vera identità, quale realtà
negativa di rifiuto e di opposizione a Dio creatore, nell’ambito di un uso
e abuso di quella libertà che Dio ha donato agli uomini perché possano
amare lui e amarsi reciprocamente.
Il problema del male, quindi, diventa una questione puramente
“antropologica”, cioè legata all’uomo stesso e all’utilizzo che egli fa
del suo libero arbitrio, ma che nulla ha a che fare con il piano divino
della creazione. La realtà del peccato non può essere percepita al di
fuori del profondo legame instaurato da Dio con l’uomo all’atto del
“progetto creazione”. Per comprendere a fondo cosa sia il peccato è
necessario conoscere anzitutto il disegno di Dio per l’uomo, e solo
conoscendo la vera natura del peccato originale è possibile comprendere la
grandezza e l’insostituibilità della “Redenzione”. La Bibbia, nel rivelare
il suo dominio regale e la sua maestosa grandezza, afferma che Dio ha
creato l’uomo a sua immagine e l’ha costituito nel suo progetto d’amore
“liberamente” sottomesso al suo Creatore. Ciò vuol dire che l’uomo,
creatura fatta da Dio, deve riconoscere la sua naturale finitezza,
accettando le leggi della creazione. Egli è obbligato a rispettare le
norme morali che regolano l’uso della libertà, se vuole aspirare alla sua
piena realizzazione attraverso la sua esperienza di vita. |
L’origine del male, allora, non può essere attribuita a
cose o manifestazioni esterne, o a cause sociali e politiche, ma
unicamente all’io interiore delle persone: ai cattivi pensieri,
all’egoismo, alla prevaricazione, alla cupidigia. Ora si può capire come
Dio non è in alcun modo responsabile, né direttamente né indirettamente,
del male del mondo: causa e vittima n’è dunque l’uomo stesso! Finché la
creazione non avrà riconquistato la perfezione originaria, il male e il
bene dovranno coesistere. Ciò consentirà a Dio, nella sua infinita bontà e
misericordia verso gli uomini peccatori, di farci vedere dove sta il male
e dove sta il bene, di farci capire l’essenza e la radice del male, e
di
farci scoprire attraverso le vie oscure e misteriose della Provvidenza
che, per mezzo della fede, da un male si può trarre il bene.
La Bibbia afferma che l’uomo da se stesso non è in grado di cambiare la
situazione di miseria e di angoscia venutasi a creare dopo il peccato
originale. Solo da Dio ci si può aspettare aiuto e salvezza. Perché solo
Dio può cambiare il cuore dell’uomo!
Possiamo però confortarci con una nota di speranza. In linea di principio
Dio non permetterà mai che il male possa contaminare in modo permanente le
opere della sua creazione. Alla fine dei tempi il male sarà sconfitto
definitivamente e prevarrà su tutto e su tutti il bene. |