(da Gen 2, 8-17)
Poi Dio, il Signore, piantò un giardino nella regione di
Eden. Fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi
alla vista e buoni da mangiare. Nel mezzo del giardino piantò
due alberi: l’albero della vita e l’albero della conoscenza del
bene e del male. Poi prese l’uomo che aveva plasmato e lo pose
nel giardino di Eden perché lo coltivasse e lo custodisse, e gli
ordinò: Tu potrai mangiare il frutto di qualsiasi albero del
giardino, ma non quello dell’albero della conoscenza del bene e
del male, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti.
COMMENTO AL TESTO: Il mondo appare
subito come un giardino lussureggiante, l’Eden, che raffigura il
modello della perfezione e bellezza ideale. Un luogo dove l’uomo
occupa una posizione centrale in armonia con il mondo. Ora però
su di lui risuona un comando divino! Riguarda un misterioso
albero del giardino. L’autore sacro, con l’immagine metaforica
dell’albero della vita (il simbolo dell’immortalità) e
dell’albero della conoscenza del bene e del male (il simbolo
delle scelte morali), vuole dirci che l’uomo alle origini fu
sottoposto ad una “prova”, per sollecitarlo ad un atto di
riconoscimento dell’autorità di Dio. Nell’antico mondo orientale
politeista, mangiare il frutto dell’albero della vita
significava ottenere l’immortalità. Violare il comando divino
significherà per l’uomo sperimentare la morte, intesa non in
senso fisico quanto come separazione da Dio. La conoscenza del
bene e del male è un privilegio che Dio si riserva nelle sue
funzioni di creatore. Mangiare il frutto dell’albero avrebbe
significato per l’uomo impadronirsi della vita, senza dipendere
dal suo Creatore, acquisendo la facoltà di discernere e di
giudicare da sé ciò che è bene e ciò che è male, in vista della
felicità propria o altrui. Questo avrebbe comportato una
presunta rivendicazione di autosufficienza e di autonomia morale
che non si appropriavano ad una ‘creatura finita’ tratta dalla
terra. L’uomo ricusando e rinnegando il suo stato di finitudine
avrebbe preteso di diventare simile al suo Dio Creatore,
rovesciando in questo modo l’ordine e il senso della creazione.
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