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IL LIBRO DELLA GENESI - LA CADUTA DELL'UOMO
 
 
30 - LA DISUBBIDIENZA E IL PECCATO ORIGINALE
 
(da Gen 3, 4-13)
Allora la donna osservò l’albero: i suoi frutti erano certamente buoni da mangiare; era una delizia per gli occhi, era desiderabile per acquistare saggezza. Allora prese un frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito, che era con lei, e anch’egli ne mangiò. I loro occhi si aprirono e tutti e due si accorsero di essere nudi. Perciò intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture intorno ai fianchi.
Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino. Allora, per non incontrarlo, l’uomo e sua moglie si nascosero in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: Dove sei? Rispose l’uomo: Ho udito i tuoi passi nel giardino. Ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto. Gli chiese: Ma chi ti ha fatto sapere che eri nudo? Hai forse mangiato dell’albero di cui ti avevo comandato di non mangiare? Rispose l’uomo: La Donna che mi hai messo a fianco mi ha dato quel frutto e io ne ho mangiato. Dio, il Signore, si rivolse alla donna e disse: Che cosa hai fatto? Rispose la donna: Il serpente mi ha ingannata e io ho mangiato.

COMMENTO AL TESTO:
Il serpente tentatore attraverso un sottile gioco psicologico coinvolge prima la donna e poi l’uomo nell’atto di ribellione a Dio. Il sogno che fa balenare davanti ai loro occhi è quello di diventare come Dio, tentandoli alla folle scalata di diventare i conoscitori del bene e del male, cioè gli arbitri delle scelte morali. Adamo ed Eva, cedendo alla tentazione del serpente, di colpo cambiano il loro stato di creature immortali predilette da Dio. La loro disubbidienza, nel tentativo di impossessarsi di ciò che era riservato esclusivamente a Dio, ha costituito un atto di orgoglio dalle conseguenze inimmaginabili, ha significato per l’uomo interrompere la relazione di comunione con il suo Creatore. Dio aveva creato l’uomo e la donna a sua immagine e somiglianza, ponendoli nel suo giardino come suoi fiduciari, con la funzione di coltivatori e custodi dei beni del creato. La disubbidienza a Dio ha significato di aver voluto gestire in proprio la propria esistenza, ha implicato di infrangere l’unità del progetto creativo.
L’autore biblico, nel drammatico episodio della caduta, individua le “radici” che sono la causa del male nel mondo, raffigurando la nuova condizione di Adamo ed Eva con l’espressione emblematica: “si accorsero di essere nudi”. Dio aveva fatto tutto buono e innocente. Fino a quando conoscevano e vedevano le cose o se stessi con la mente e gli occhi immacolati di Dio, non sentivano vergogna della loro nudità materiale. Ora però avvertono una debolezza e una disarmonia nel loro essere. L’uomo e la donna scoprono la loro nudità, si vergognano e non si accettano più come creature di Dio. Avendo violato il comandamento si rompe l’armonia primordiale che faceva sentire ciascuno dei due in sintonia con Dio, e irrompe nel loro vivere “un freno psicologico”, il pudore, che d’ora in avanti impedirà loro di esprimere liberamente il loro essere creature fatte a somiglianza e immagine di Dio. L’unione della donna e dell’uomo sarà conrassegnata da tensioni, e i loro rapporti dalla tendenza all’asservimento. Cercano allora di nascondersi l’un l’altro, perché ciascuno dei due si vede con la malizia e con gli occhi della ‘concupiscienza’.Questo termine emblematico, coniato dai teologi cattolici, sta a indicare il disordine che il peccato introduce nell’armonia della creazione, come riflesso della perversità che si annida nel serpente tentatore. L’uomo, a causa della sua natura fragile e debole, è incapace da solo a sottrarsi completamente al male e al peccato, perché naturalmente è incline alla tentazione.
È così che il peccato è entrato nel mondo!
Essendo il primo peccato commesso dall’umanità,
radice e sorgente di ogni altro peccato e di tutti i mali dell’uomo e della storia,
è chiamato il “Peccato Originale”
 
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