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SCOPRIRE LA CONOSCENZA DI DIO CON UN LINGUAGGIO SEMPLICE
 



I° PARTE

GLI INIZI DEL CRISTIANESIMO

 
 
 
I.3.5 Il movimento degli Esseni
 
Gli Esseni, noti attraverso le testimonianze degli antichi scrittori ebrei Filone Alessandrino, di Giuseppe Flavio, e dello scrittore non ebreo Plinio il Vecchio, sono tornati alla ribalta dopo la scoperta nel 1947 dei loro manoscritti nelle grotte di Qumràn, regione desertica sulle rive nord-occidentali del Mar Morto. In quei mano-scritti, circa 600, tutti anteriori al 68 d.C. databili dal II° sec. a.C. al II° sec. d.C., fu-rono trovati non solo il testo completo di Isaia ma quasi tutti i libri della Bibbia, ri-copiati circa uno o due secoli prima di Cristo, perfettamente coincidenti con quelli usati da Ebrei e Cristiani di oggi. Verosimilmente vi furono trasportati e nascosti da-gli stessi monaci all’approssimarsi dei Romani che nel 68 d.C. distrussero il loro monastero. Grazie a quei papiri, oggi sappiamo che gli Esseni erano monaci ebrei che si erano ritirati nel deserto per studiare la legge di Mosè; attendevano anche loro la venuta di un Messia. Vivevano mettendo in comune i propri beni materiali posseduti, nell’attesa di un intervento imminente di Dio per la fondazione di una nuova Gerusalemme. L’indagine archeologica e la lettura dei manoscritti hanno consentito agli studiosi di identificare il gruppo degli Esseni, di conoscerne l’organizzazione, la condotta di vita e la dottrina. Interpreti rigorosi del giudaismo erano in polemica con le istituzioni religiose ufficiali giudaiche; infatti, non frequentavano il tempio di Gerusalemme perché ritenuto profanato da un sacerdozio indegno e infedele alla legge di Mosè, contrario alle norme della vera liturgia. Intrattennero buoni rapporti con il re Erode il grande, e per questo motivo alcuni studiosi li hanno identificati negli ‘erodiani’ menzionati dai Vangeli.
Cronologicamente la setta degli Esseni si colloca fra il II° sec. a.C. e il I° sec. d.C.; i dati archeologici confermano che abitavano in una località sita sulle rive del Mar Morto, ma non è escluso che Qumràn fosse solo la sede centrale di altre comu-nità collocate lungo il Giordano e sulle rive del Mar Marto. Gli adepti si denominavano “Figli della Luce”. Vivevano in isolamento conducendo una vita retta da una rigida disciplina, organizzata secondo un ordine gerarchico-piramidale. I nuovi membri erano ammessi progressivamente dopo un lungo noviziato che durava tre anni, al termine del quale erano integrati nella comunità dopo aver annesso tutti i loro beni. Per primi nella storia del giudaismo avrebbero introdotto il celibato, un istituto estraneo alla cultura vetero-testamentaria, tanto che non avrebbe incontrato il favore del giudaismo rabbinico. Quanto al matrimonio, che sopravviveva in un ramo dell’essenismo, si giustificava con la necessità di assicurare la continuità della specie. Era prova il fatto che si astenessero dai rapporti sessuali una volta che era avvenuto il concepimento.
Sul piano spirituale la loro vita era caratterizzata dall’osservanza esasperata delle norme di purità (abluzioni, bagni, vesti bianche) spinte fino all’estremismo, al punto da ritenere contaminante il contatto non solo coi pagani ma anche con gli e-brei non appartenenti alla comunità. Era ritenuta particolarmente rigorosa l’osservanza del riposo sabbatico. L’essenismo rappresenta la fede di un gruppo eletto che si isola dal mondo esterno aborrendo ogni contatto con gli estranei.
Dall’analisi del loro “Manuale di Giustizia” emergono le caratteristiche della loro dottrina. L’amore essenico si limitava ad essere professato per gli amici del gruppo, mentre per gli altri si consigliava l’odio; ispirandosi al profetismo ebraico enumeravano minuziosamente prescrizioni alimentari e igieniche, distinguendo rigorosamente tra “cibi puri” e “cibi impuri”. Gli esseni affermavano che solo scartando certi cibi e procedendo a certi rituali si poteva accedere al “sacro”. Stolti, ciechi, zoppi, sordi e perfino i bambini non potevano far parte della comunità; prescrivevano di tenersi lontano da peccatori, da stranieri e dalle donne
Gli esseni svilupparono una concezione dualista e fatalistica del mondo, basata sull’opposizione radicale di due spiriti o forze, i “figli della luce” e i “figli delle tenebre”, “il bene e il male”, in permanente lotta fra di loro. Riponevano però una fiducia illimitata in Dio e nel suo intervento imminente per il trionfo dei figli della luce e la condanna alla perdizione dei figli delle tenebre. La loro dottrina era rivelata da un loro “Maestro di Giustizia”: una figura difficile da identificare, per la mancanza di dati storici precisi, che nei tempi passati alcuni avevano erroneamente accostato a Gesù. Dalla scoperta dei papiri di Qumràn, infatti, si è dimostrata la profonda antitesi tra la dottrina degli Esseni, e quella cristiano-primitiva, deludendo quanti pensavano di aver trovato negli Esseni la “chiave” per capire come dalla cultura ebraica del primo secolo fosse scaturita la nuova dottrina del cristianesimo nascente che, senza potervi rilevare segni di continuità o di aggancio con la precedente dottrina giudaica, d’un tratto si attestava su posizioni rivoluzionarie e completamente antitetiche rispetto ai modelli religiosi del tempo. In effetti, sarebbe bastato osservare che il Manuale di Giustizia degli Esseni mette in evidenza sostanziali differenze e una radicale contrapposizione con i principi basilari e le caratteristiche salienti della dottrina predicata da Gesù. I Vangeli, anche se non menzionano espressamente gli Esseni, costituiscono una critica severa contro i principi basilari della dottrina essenica. Gesù infatti affermava che le cose del mondo, proprio perché create da Dio, non possono mai essere impure, ma lo diventano attraverso il cuore dell’uomo. Gesù non ha fatto aprioristicamente alcuna discriminazione tra “buoni” e “cattivi” ed affermava che ogni uomo di buona volontà può e deve convertirsi al bene. Gesù durante tutto il suo ministero terreno ha privilegiato le minoranze infelici, rispettava i peccatori e gli stranieri, ha eguagliato l’uomo alla donna e additava i bambini quale simbolo di umiltà e di servizio. Su altri punti essenziali vi è una diversità abissale tra la dottrina degli Esseni e i Vangeli, i quali pongono in primo piano i temi della misericordia, del perdono, dell’amore di Dio verso i peccatori, dell’importanza della purezza interiore rispetto a quella esteriore. Ma ciò che distingue radicalmente il cristianesimo da tutto il giudaismo, e in modo particolare dal movimento essenico, è la centralità di Cristo rispetto alla Toràh, di cui egli appare l’interprete più autorevole e colui che la porta a compimento con il suo insegnamento e la sua azione concreta.
Bisogna comunque evidenziare anche il forte influsso arrecato dagli Esseni nei manoscritti del cristianesimo primitivo. Si possono notare, infatti, analogie tra la dottrina essenica e il Nuovo Testamento: l’attesa per il giudizio escatologico, lo sforzo morale per mettere in pratica le prescrizioni nella vita concreta in preparazione del <giorno del Signore>, la distinzione tipicamente giovannea tra i figli della luce e i figli delle tenebre, la scelta del celibato e l’obbligo del matrimonio monogamico.
Certamente i manoscritti di Qumràn coprono un importante vuoto culturale di un periodo storico nel quale avvennero notevoli e importanti mutamenti nell’ebraismo. Rimane però inspiegabile il fatto che la setta degli esseni non sia stata mai espressamente menzionata dai Vangeli, né in altri scritti neo-testamentari, né nelle fonti rabbiniche. Certamente questo movimento rappresenta un nuovo capitolo che completa la fisionomia del giudaismo e la storia degli inizi del cristianesimo; sicuramente offre nuovi spunti per capire il senso di alcuni episodi dei Vangeli legati alla predicazione di Gesù.
 
 
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| VOLUME 2 |