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I° PARTE

GLI INIZI DEL CRISTIANESIMO

 
 
 
I.3.7 La distruzione di Gerusalemme e gli sviluppi del giudaismo
 
Fino al 70 d.C. il tempio di Gerusalemme costituiva il centro spirituale unificatore della vita religiosa degli ebrei. Le turbolenze politiche degli anni 66-70 d.C., ali-mentate dagli elementi Zeloti, innescarono una rivolta contro i Romani repressa da Tito con la conquista di Gerusalemme e la distruzione del suo Tempio. La Palestina divenne provincia imperiale autonoma con il nome di Giudea. A nulla valse un’ulteriore insurrezione degli ebrei nel 135 d.C. contro l’imperatore Adriano: molti furono costretti a fuggire, i resti della popolazione furono decimati, presi prigionieri o venduti come schiavi.
Questi tragici avvenimenti testimoniano il grado d’esasperazione raggiunto dalle masse ebraiche che, sottomesse all’arbitrario potere dei procuratori romani, si trovarono nell’impossibilità di celebrare il loro culto. Il giudaismo piombò nella peggiore catastrofe della sua storia, con milioni di Ebrei che furono dispersi in tutto il bacino del Mediterraneo, in Mesopotamia e in Persia. La città di Gerusalemme fu abitata solo da pagani; agli ebrei fu proibito entrarvi pena la morte. La distruzione dell’edificio sacro segnò la scomparsa progressiva dei movimenti religiosi che frequentavano abitualmente il Tempio di Gerusalemme. Anche se l’impero romano alla fine fu tollerante verso la religione ebraica, scomparendo il luogo di culto più importante, quale era il Tempio e con esso la classe dei sacerdoti, il suo posto fu acquisito definitivamente dalla Sinagoga che divenne il luogo ufficiale del culto ebraico. Ai sacerdoti subentrarono i Dottori della Legge, a cui si sostituirono in tempi successivi i Rabbini.
Il giudaismo fu costretto a continuare la sua esperienza religiosa al di fuori dei confini di Gerusalemme, a Jamnia, ma dovette fare i conti con il dinamismo del nascente cristianesimo, che si connotò immediatamente con l’apertura verso i pagani e l’eliminazione dell’obbligo di osservanza delle norme di purità, specialmente per tutto ciò che riguardava gli alimenti. Il giudaismo quindi dovette confrontarsi con un nuovo modo di essere ebrei. Per salvaguardare le proprie tradizioni e la propria identità, prese le distanze dagli altri popoli e dalle altre culture, sotto l’influsso della scuola di Jamnia. La Toràh scritta e orale divenne il fulcro centrale dell’unità religiosa dei giudei, secondo una concezione rigida e unilaterale. Mentre la nuova fede cristiana comincia la sua espansione, il giudaismo si ripiega su se stesso alla ricerca di spiegazioni per il mancato arrivo di quel Messia tanto atteso. Così i teologi ebrei diranno: “Ci siamo sbagliati, il Messia non deve venire, perché il Messia siamo noi, il popolo d’Israele”. Questa nuova interpretazione, non solo smentisce la precedenza tradizione, ma mal si accorda con i testi profetici che parlano di un messianismo individuale e non collettivo. La maggior parte dei giudei rimangono fedeli alle loro tradizioni che affondavano le radici nel patrimonio spirituale e culturale vetero-testamentario di Israele, nella convinzione che Dio abbia depositato la sua rivelazione esclusivamente al popolo ebraico. Privi di un’autorità centrale e di una guida carismatica che ne orientasse gli indirizzi e gli sviluppi, i giudei della Palestina, raccogliendo fra le loro file tutti gli ebrei che non erano passati al Cristianesimo, continuavano a professare la propria religione fuori dalla loro terra (fenomeno della diaspora) in diversi modi, con una pluralità e una diversità di esperienze che quasi sempre sono state la risultante di una interazione fra il patrimonio tradizionale e gli stimoli di adattamento provenienti dall’ambiente in cui essi erano inseriti.
Anche se indiscutibilmente ogni forma di cristianesimo affonda le sue radici nel patrimonio spirituale di Israele, di là di qualche “dettaglio” di differenza, ebraismo e cristianesimo rappresentano l’incontro di due civiltà che hanno segnato la cultura religiosa di tutto il mondo.
Nel 638 d.C. la Palestina passò sotto la dominazione islamica.
 
 
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