Gesù nacque e visse in Palestina nel periodo compreso
tra l’impero di Augusto (29 a.C.-14 d.C.) e quello di Tiberio (14-37
d.C.)
1°) FONTI PAGANE
Fra le fonti principali non cristiane, la più attendibile è quella
dello storico ebreo Giuseppe Flavio che ci ha tramandato
notizie ed elementi utili per una ricostruzio-ne della persona di
Gesù. Giuseppe Flavio nato a Gerusalemme nel 37 d.C., da fa-miglia di
stirpe sacerdotale, abitò a lungo in questa città. Conobbe la prima
comuni-tà cristiana di cui s’interessò con atteggiamento critico. Gli
studiosi concordano sull’autenticità della sua testimonianza scritta
nelle Antichità Giudaiche pubblicata a Roma intorno al 93 d.C.: “In
quel periodo visse Gesù, un uomo sapiente chiamato Cristo. Fu uno che
compì fatti prodigiosi, un maestro per molti che ricevettero la
ve-rità con gioia. Conquistò seguaci sia in mezzo a molti Giudei sia
tra molti d’origine greca. E quando Pilato per un’accusa rivolta
contro di lui da uomini, che hanno un ruolo guida tra noi, lo condannò
a croce, quelli che lo avevano amato fin dall’inizio non cessarono di
farlo. E fino a questo momento il gruppo di Cristiani, così chiamati
dopo di lui, non è ancora scomparso” (Ant. Jud., 18,63-64). Questo
testo riportato in tutti i codici antichi è di fondamentale importanza
per attestare la storicità di Gesù. Giuseppe Flavio traccia un profilo
di Gesù in sostanziale accordo con i dati evangeli-ci; si tratta, in
ogni modo, di una testimonianza preziosa e sostanzialmente favorevole,
nonostante provenga da un giudeo ostile alla nuova religione.
A queste frammentarie notizie dell’ambiente ebraico si possono
aggiungere in-formazioni ricavate da alcune fonti pagane del I° e II°
sec d.C. che danno testimo-nianze indirette del movimento cristiano e
del suo fondatore in occasione di episodi che toccano le vicende
dell’ambiente romano. Fra questi scrittori, intorno al 112 d.C.,
Plinio il Giovane governatore della Bitinia, preoccupato per il
moltiplicarsi dei Cristiani, li descrive a Traiano come individui che
si radunano per cantare inni a “Cristo come ad un Dio”. Tacito,
nell’anno 117 d.C., negli Annali parla di Gesù, fon-datore della
religione cristiana e giustiziato dal procuratore Ponzio Pilato al
tempo dell’imperatore Tiberio. Racconta, inoltre, con dettagli
raccapriccianti i supplizi usa-ti contro i Cristiani perseguitati da
Nerone che li accusava di aver provocato l’incendio di Roma. Infine,
verso il 120 d.C., Svetonio, segretario degli imperatori
Traiano e Adriano, conferma che sotto Nerone furono sottoposti a
supplizi i Cristiani e che l’imperatore Claudio espulse da Roma i
Giudei che provocavano tumulti a causa di “Cristos”, riferendosi
probabilmente ai Cristiani proseliti di Cristo convertiti dal
giudaismo. Forse Claudio allontanò da Roma soltanto un gruppo di Ebrei
che per contrasti interni a causa della predicazione cristiana avevano
turbato l’ordine pubblico. Si noti che questi scrittori pagani, romani
d’origine, non riportano mai il nome di Gesù, ma quello di Cristo. Il
movimento cristiano non poteva acquistare gran rilevanza nel mondo
della cultura romana per l’atteggiamento generale di diffidenza e di
disprezzo nei confronti della nuova religione considerata alla stregua
di una setta che annoverava proseliti rivoluzionari e nemici
dell’impero.
Riferimenti a Gesù sparsi nella letteratura rabbinica più tarda
riflettono atteg-giamenti spesso polemici e confusi, chiaramente
determinati dal distacco del giudai-smo dalla nascente chiesa
cristiana; essi non aggiungono nulla sulla nostra cono-scenza della
vita e della figura di Gesù.
2°) FONTI CRISTIANE
I documenti fondamentali per ricostruire il vissuto e l’immagine di
Gesù, il Cristo, sono i testi del canone cristiano. Si tratta
di una raccolta di scritti in lingua greca che vanno dagli inizi degli
anni 50 d.C. circa, alla fine del primo secolo e inizio del II° secolo
d.C. Questi testi, scritti da Cristiani per altri Cristiani, sono
costituiti da 27 libretti, e tra questi sono compresi i quattro
Vangeli.
La prima fonte cristiana databile è quella di San Paolo,
intorno agli anni 50-60 d.C., anteriore e indipendente dai Vangeli
(all’epoca le tradizioni evangeliche aveva-no già preso corpo, ma i
Vangeli, così come li abbiamo ora non erano stati scritti). Sotto
forma di lettere, rivolte alle varie comunità, Paolo parla ai
Cristiani del mini-stero di Gesù nell’intento di chiarire tratti della
sua dottrina. Paolo, nella prima let-tera ai Tessalonicesi, databile
intorno agli anni 51 d.C., attesta quello che rappresenta il kerygma
centrale del cristianesimo: «Noi crediamo che Gesù Cristo è morto e
risuscitato per noi» (Cap.4, 14). All’interno di questi scritti si
possono riconoscere alcune “formule” che sono l’eco della vita di fede
delle varie comunità cristiane: “Gesù, discendente della stirpe di
Davide, ha adempiuto le promesse delle Scritture, ha insegnato
confermando la sua dottrina con segni straordinari, ha sofferto, è
morto in croce, è risorto, è apparso ad alcuni testimoni, è salito in
cielo e siede alla destra di Dio costituito giudice dei vivi e dei
morti”. Paolo non si propone di narrare una biografia; solo
incidentalmente ricorda fatti e parole di Gesù. Questo dato
storico-letterario, in ogni caso, è di fondamentale importanza per
capire che tutto il contenuto kerygmatico del cristianesimo a
quell’epoca era già noto, e che quindi sin dai primi anni dalla
nascita del cristianesimo il “Gesù storico” e il “Cristo della fede”
sono uniti in modo inscindibile. Paolo è morto prima che gli
evangelisti scrivessero i loro Vangeli. In quell’epoca, infatti, la
tradizione evangelica era ancora in larga misura conservata oralmente.
Questo particolare c’induce ad una riflessione singolare: tutta la
dottrina cristiana si fonda sulle lettere di Paolo da una parte, e i
Vangeli dall’altra, due canali paralleli e interdipendenti, ma
incredibilmente coerenti tra loro sul piano dottrinale. E’
stupefacente rilevare come le lettere di Paolo, redatte una ventina
d’anni prima che si conoscessero i Vangeli, sul piano teologico siano
perfettamente in sintonia con gli scritti degli evangelisti, al punto
da poter asserire che le lettere di Paolo anticipano, ricapitolano e
completano il contenuto dottrinale dei Vangeli.
La fonte principale, e per molti aspetti unica, sulla vita e la figura
di Gesù, è costituita dagli scritti tramandati dagli evangelisti
Marco, Matteo, Luca e Giovanni. Matteo e Giovanni, furono testimoni
oculari che rimasero a fianco di Gesù per quasi tutta la sua vita
pubblica, gli altri due scrissero dopo essersi documentati. Solo i due
evangelisti Matteo e Luca accennano ad un approccio narrativo di tipo
biografico; ma i loro dati nel complesso non sono del tutto esaustivi.
In quattro redazioni diverse gli evangelisti ci mettono a contatto con
la figura storica di Gesù, con quello che egli ha detto e ha fatto
durante la sua vita pubblica, fino alla sua morte e risurrezione. Gli
Atti degli Apostoli originariamente costituivano un’unica opera con
l’autore del Terzo Vangelo attribuito a Luca, come dimostrano le
testimonianze del Canone Muratoriano, di Ireneo e di Tertulliano. La
separazione del testo dal Vangelo avvenne quando i cristiani optarono
per possedere i quattro Vangeli in un solo codice. Ciò dovette
avvenire molto presto, prima del 150. Negli Atti è presentata la
nascita della Chiesa Cristiana nei suoi momenti essenziali sotto
l’azione dello Spirito Santo.
3°) VANGELI APOCRIFI
Di Gesù parlano anche molti scritti cristiani posteriori ai Vangeli,
per opera di autori ignoti che sicuramente non erano discepoli o
diretti ascoltatori degli Apostoli, i cosiddetti Vangeli Apocrifi.
Questi scritti, pur costituendo materiale importante per comprendere
l’ambiente e la cultura del tempo, non consentono di accrescere le
notizie biografiche su Gesù perché molto spesso, oltre ad inesattezze
storiche, cedono al bisogno del fantastico e del miracolistico. I
Vangeli Apocrifi sono stati attribuiti falsamente a qualche apostolo
(es. Protovangelo di Giacomo, Vangelo di Pietro, di Tommaso etc.);
certamente, se da una parte manifestano il loro carattere leggendario,
dall’altra confermano l’esistenza storica di Gesù e l’interesse
notevole suscitato dalla sua persona. Non si può tuttavia escludere
che i Vangeli Apocrifi contengano anche ricordi autentici su Gesù. La
Chiesa Cattolica non ha mai accettato i Vangeli Apocrifi perché
ritenuti privi d’autenticità storica, frutto di mistificazione
ereticali o di pura fantasia. Questo rifiuto rivela la preoccupazione
della Chiesa Cattolica di preservare e di trasmettere inalterati i
testi dei quattro Vangeli, i soli ritenuti autentici e dichiarati
canonici, ossia normativi per la fede cristiana di tutti i tempi.
4°) TESTIMONIANZE DEL II° SECOLO
La testimonianza più autentica è quella di Papia, vescovo di Gerapoli.
Nella sua ope-ra scritta verso il 120 riferisce esplicitamente che
Matteo, Marco e Giovanni scrisse-ro un Vangelo. L’importanza storica
di tale attestazione sta nel fatto che Papia stesso dichiara di aver
attinto le sue informazioni direttamente dai discepoli degli Apostoli.
Il vescovo Ireneo, verso il 180, scrive: - di Matteo, che pubblicò il
suo Vangelo in lin-gua ebraica, mentre Pietro e Paolo evangelizzavano
Roma e vi fondarono la Chiesa; - di Marco, il discepolo e l’interprete
di Pietro; - di Luca, compagno di Paolo; - di Gio-vanni che pubblicò
il suo vangelo dimorando ad Efeso.
Il Canone Muratoriano, elenco dei libri sacri risalenti al II° secolo
(ritrovato da L.Muratori e attualmente custodito nella Biblioteca
Ambrosiana di Milano) mutilo nella parte riguardante Matteo e
Marco,
menziona espressamente Luca e Giovanni.
Il nome degli evangelisti risulta dalle opere di Clemente
Alessandrino, Tertulliano e Origene composte intorno al 200.
Dalle testimonianze del II° secolo si rileva che la comunità cristiana
primitiva conosceva i quattro Vangeli, e dava loro importanza storica
come a documenti provenienti dalla tradizione orale e come a scritti
provenienti dal tempo degli Apostoli. |