I Vangeli costituiscono un genere letterario
unico e originale, non identificabile con nessuno dei generi letterari
antichi. Pur non essendo opere di storia, tuttavia rientrano nel genere
storico perché raccontano fatti realmente accaduti. Ma il loro genere
letterario è del tutto particolare, perché hanno un carattere di annuncio e il
loro scopo è di provocare la decisione alla fede.
I Vangeli descrivono la figura di Gesù e il suo insegnamento, ossia
quello che ha detto e ha fatto durante il suo ministero terreno fino alla
morte e risurrezione. Più che biografie, vanno considerati nell’insieme
come testimonianze di storia e di fede, frutto delle esperienze
religiose e delle riletture fatte dalle varie comunità cri-stiane primitive
dopo gli eventi pasquali (passione, morte e risurrezione).
I Vangeli incarnano il lavoro degli evangelisti mirato a trasmettere
l’ultima tappa del “Progetto della Salvezza” inviato da Dio all’umanità per
mezzo del Figlio Gesù, servendosi di persone con culture e motivazioni
differenti. La lettura dei testi evangelici non va fatta tanto in una
prospettiva storico-razionale, quanto invece in una direttiva
teologico-spirituale. Gli evangelisti, più che narratori, vanno
ritenuti come interpreti della tradizione apostolica del tempo su Gesù.
Per comprendere il mistero della rivelazione, che sta alla base della
lettura dei Vangeli, è necessario rinunciare ad una metodologia basata sulla
razionalità: né scienza, né filosofia sono strumenti validi per raggiungere
Cristo. L’incomprensibilità del mistero è un invito a riconoscere il limite
della mente umana; attesta che l’uomo con le sue sole forze non può penetrare
il mistero di Dio. Ciò non umilia la ragione ma, mettendola in uno stato di
ascolto, potrà consentire a ciascuno di aprirsi alla fede e alla sua
accoglienza. Da qui nasce quel continuo processo di rilettura dei testi
evangelici per coglierne il mistero profondo, nella speranza che possa
diventare orientamento per la propria esistenza.
I Vangeli nascono nel momento in cui i testimoni della prima ora
stavano per scomparire, sotto la spinta determinata dall’urgenza di mettere
per iscritto la buona notizia, di lanciare il grido dell’araldo, il “kerygma”
cristiano. Geografia, topografia, paesaggi, situazione politica e sociale
erano considerati secondari da quegli araldi della fede, banditori di
salvezza. Interessavano solo come elementi di cornice, necessari ad inquadrare
l’azione e l’insegnamento del Cristo risorto in un contesto reale. La loro
unica preoccupazione era rivolta a dare un significato spirituale alle parole
e agli atti di Gesù, e a suscitare nel lettore la fede nella persona del
Cristo Salvatore del mondo, mettendo in luce la sua umanità e il suo infinito
amore per gli uomini.
È come se gli evangelisti avessero considerato secondario
l’avvenimento storiografico dei fatti, rispetto alla centralità della
loro testimonianza di fede, cioè come l’involucro che contiene
l’evento: due momenti fra loro complementari, ma nello stesso tempo
inscindibili, da cui scaturisce l’impossibilità di separare il “Gesù
storico”, ricostruito con i soli strumenti della ragione storica,
dal “Gesù della fede”, ricostruito alla
luce del Mistero della Risurrezione.
Possiamo concludere affermando che i “Quattro Vangeli”
formano quattro letture diverse e diversificate sul piano storico-narrativo e
dottrinale, ma sintoniche sul piano del messaggio spirituale e
teologico. In definitiva, “Quattro letture
sincroniche” che non si contraddicono, ma che straordinariamente si
arricchiscono re-ciprocamente, integrandosi e completandosi l’un l’altra. |