I quattro evangelisti Matteo, Marco, Luca e Giovanni ci hanno narrato la
storia di Gesù di Nazarèt, un uomo singolare vissuto in Palestina. Come
abbiamo già detto in altra parte della trattazione, quasi tutto ciò che si
sa sulla vita di Gesù ci proviene dai Vangeli, attraverso i quali, però, non
è possibile tracciare una precisa ricostru-zione storico-biografica degli
avvenimenti che hanno caratterizzato la sua attività pubblica, iniziata
all’età di trent’anni circa. Dai Vangeli apprendiamo che Gesù iniziò la sua
attività suscitando grande entusiasmo tra la gente della Galilea; la sua
immagine si caratterizzò fin da principio per l’autorevolezza del suo
insegnamento e per i miracoli straordinari che compiva. Per questo fu
riconosciuto presto dalle folle come “maestro” (rabbi, in aramaico) e come
“profeta”. Gesù predica il Regno di Dio in parole e opere. Non insegna solo
nelle Sinagoghe come i Maestri della Legge, ma predica per le strade
percorrendo i villaggi della Galilea e della Giudea. Dal racconto degli
evangelisti appare che, fin dall’inizio della sua attività pubblica, Gesù
ebbe cura di formare attorno a sé una cerchia ristretta di discepoli che
chiamò alla sua sequela per farne i testimoni principali della sua vita e i
continuatori della sua opera. Costoro ne condivisero la vita, e lo seguirono
ovunque per tutto il suo ministero itinerante, potendo così ascoltare e
assimilare il suo insegnamento, osservare le sue gesta, sino al dramma della
passione che provocò in loro uno smarrimento temporaneo.
Gesù invita i suoi primi discepoli a seguirlo: sceglie dodici uomini, i
dodici A-postoli, che presto diventano suoi amici intimi, ma essi solo a
poco a poco si accor-gono che Gesù è il Messia. Gesù non vuole che lo si
dica apertamente per non sem-brare il capo di una rivolta contro i Romani.
Comincia ad insegnare in pubblico, manifestando la sua “gloria” con segni e
miracoli. Opera il suo primo miracolo cam-biando l’acqua in vino durante un
banchetto nuziale: da allora in poi Gesù continua la sua vita pubblica fino
all’ultimo viaggio verso Gerusalemme. La descrizione e la successione degli
avvenimenti nei quattro Vangeli varia secondo lo scopo, l’interesse
specifico dell’autore e il piano teologico dell’opera.
Durante la sua predicazione Gesù annunciava che il nuovo popolo di Dio non
doveva nascere a seguito di un intervento divino spettacolare, ma dal dramma
della croce, deludendo così le attese dei Giudei, dei sacerdoti e dei capi
religiosi che inco-minciarono ad ostacolarlo. Il suo umile messianismo, che
si manifestava nell’accoglienza dei poveri e dei peccatori, e nel ridare
fiducia alle donne e ai bambi-ni, attirò subito la simpatia della gente
povera e semplice, ma irritò profondamente le guide spirituali del popolo.
La crescente popolarità di Gesù e le accuse roventi che rivolse loro, furono
motivi per innescare incomprensioni e astiose controversie. Per questo gli
tenderanno insidie con domande provocatorie, alla ricerca di una ragione per
eliminarlo, ma cercando nello stesso tempo di non dare nell’occhio, lontano
dalla folla. Varie volte probabilmente si reca a Gerusalemme. Nella
primave-ra del 30 d.C. vi si recò per l’ultima volta: sapeva che la sua vita
era in pericolo e che presto avrebbe lasciato questo mondo per portare a
compimento, con la sua morte, l’annunciata opera di salvezza. Gli eventi
dell’ultima settimana, che trattano il dramma della morte e la gioia della
risurrezione di Gesù, sono riportati dai Vangeli con incredibile ricchezza
di particolari. A questi avvenimenti, infatti, gli evangelisti dedicano
molto spazio perché ritenuti, ai fini della fede, fra i più importanti di
tutta la loro narrazione.
Non si può provare scientificamente che i Vangeli riproducano le parole
testuali di Gesù. Tuttavia, attraverso studi recenti di linguistica e
accurate ricerche sulle tradizioni religiose e popolari del tempo, è stata
provata l’originalità della tecnica d’insegnamento e di molte parole
pronunciate da Gesù che non trovano riscontro nella letteratura giudaica
contemporanea ai tempi in cui visse Gesù. Ad esempio la parola “Abba”
(papà), con cui Gesù si rivolge al Padre, era nei confronti di Dio un
appellativo del tutto impensabile per gli ebrei i quali non osavano neppure
pronunciarne il nome. La loro origine, quindi, va attribuita alla
predicazione di una persona straordinariamente dotata. Gesù non parlava in
modo astratto, usava il più delle volte un linguaggio semplice e popolare,
spesso pittoresco e ricco d’immagini, per entrare più facilmente in
comunicazione con il suo uditorio. Solo così si spiega come Gesù abbia
potuto suscitare un gran movimento carismatico inducendo alcune persone
perfino ad abbandonare tutto per seguirlo.
Ogni Vangelo sul piano redazionale ha un suo progetto singolare e una
visione teologica propria sulla figura di Cristo.
Ciascun autore ha presentato la vita di Gesù attraverso un personale punto
di vista, sotto forma di “testimonianza” e in modo anonimo, tanto che
nessuno di loro (ad eccezione del Quarto Vangelo attribuito a Giovanni, il
cui autore ha suggellato il testo con una dichiarazione finale di
autenticità) ha osato porre il proprio nome ac-canto a quello di Gesù,
ritenuto l’unico Maestro, l’unico precettore, l’unico vero pro-tagonista e
autore dei Vangeli. |