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SCOPRIRE LA CONOSCENZA DI DIO CON UN LINGUAGGIO SEMPLICE
 



III° PARTE

IN CONTEMPLAZIONE DEL MISTERO

 
 
 
 
 
III.1.10 Titoli cristologici attribuiti a Gesù dalla tradizione
 
A) Profeta, è un titolo inadeguato che mal si addice a spiegare nella sua completezza ed organicità il fenomeno Gesù. Come scrive Giuseppe Flavio, altri ebrei palestinesi hanno assunto quel titolo nell’ambiente giudaico del tempo. È infatti ben noto il ruolo che la figura del profeta ha nella tradizione biblica e poi nel giudaismo antico. Di fronte ai suoi gesti potenti e alla sua parola autorevole, i contemporanei tendono ad identificarlo con una figura carismatica-profetica della tradizione biblica. Anche se nella sinagoga di Nazarèt Gesù palesemente si presenta come profeta che parla a nome di Dio, questo non vuol dire che la sua figura profetica si possa paragonare a quella dei profeti vetero-testamentari. Gesù si colloca nella Storia della Salvezza sotto la cornice di “profeta escatologico”, agendo come colui che porta a compimento definitivo il progetto divino per realizzare nella storia umana la salvezza, non soltanto per i discendenti di Israele ma anche per tutte le genti. Sotto questo aspetto Gesù può essere identificato nel “massimo dei profeti”, perchè tutta la profezia dell’Antico Testamento trova in “lui” il suo alto compimento, il suo culmine e insieme la sua più valida conferma.

B) Messia (o Cristòs, traduzione greca da un originale aramaico che significa “consacrato” o “scelto”) è il titolo cristologico più frequentmente riscontrato nei testi del Nuovo Testamento per un totale di 535 volte. È il titolo attribuito dai suoi discepoli a Gesù che, dopo l’evento della risurrezione, formò il contenuto di fede e il kerygma delle primitive comunità cristiane. L’appellativo Cristòs e la figura di Messia da attribuire a Gesù sono particolarmente difficili da discutere, dal momento che Gesù non si è mai descritto direttamente come Messia, nel senso regale davidico; nè c’è, d’altro canto, alcuna prova che egli abbia rifiutato questo titolo. Quando Pietro riconobbe Gesù come Messia (Mc 8,29; Lc 9,20; Mt 16,16-19) Gesù reagì con grande prudenza e riservatezza: corregge il titolo con il riferimento al “Figlio dell’Uomo”, e dà ordine ai suoi discepoli di non parlare di questo a nessuno. Paradossalmente sarà la morte in croce, e la sua rivelazione come Signore risorto, a consentire di rileggere la sua figura messianica e la sua vera identità, collocando Gesù nel ruolo escatologico di colui che realizza definitivamente il progetto divino della salvezza nella storia umana.

C) Signore, appellativo utilizzato, prevalentemente dalla cerchia dei discepoli, per descrivere un diverso grado di riverenza da parte di coloro che hanno visto in Gesù un maestro, un guaritore, un profeta.

D) Figlio di Dio, è un titolo che può essere associato a quello di Cristo e di Messia ma che nella tradizione evangelica non si trova mai esplicitamente in bocca a Gesù. La tradizione sinottica riferisce questo titolo a Gesù solo in contesti solenni, teofanici (battesimo, trasfigurazione). Nel quarto vangelo di Giovanni si trova menzionato dieci volte. Anche per questo titolo si deve dire che è stata l’esperienza relativa alla Risurrezione di Gesù a farlo riscoprire nella sua valenza cristologica, a conferma che la cristologia neotestamentaria pone nel mistero pasquale il suo criterio di verità: la rivelazione definitiva di Gesù Cristo in Dio Padre.
 
 
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