Il Vangelo di Marco è il più breve dei Vangeli che
possediamo. Propone un testo composto di una serie di racconti generalmente
brevi: un insieme di pezzi cuciti mediante una serie di riscontrabilissimi
sommari, con frasi che sono spesso collegate in maniera piuttosto generica. Il
Vangelo di Marco, quindi, non sembra possedere un’organizzazione letteraria
chiara, e il suo vocabolario limitato e rozzo produce un racconto schematico,
simile allo stile orale strutturato ad uso delle comunità. Inol-tre, una
cornice cronologica appena delineata pone delle difficoltà per spiegare il
piano narrativo interno del libro, regolato principalmente dallo svolgimento
di alcuni temi dominanti. Nonostante ciò, lo scritto di Marco è in grado di
riprodurre integralmente l’ambiente palestinese del I° sec. d.C. e la viva
personalità di Gesù. Si ri-tiene che Marco sia l’interprete della catechesi
orale di Pietro a Roma. Ma Marco sicuramente non era uno scrittore fornito
dell’esperienza e dalle capacità letteraria di Luca o Matteo. A motivo della
sua incompletezza e lacunosità, il vangelo di Marco non fu molto valorizzato
nell’antichità cristiana. Solo nell’ottocento, riconosciuto come il vangelo
più antico, fu rivalutato, rinvenendo in esso l’immagine più origina-ria ed
autentica di Gesù.
L’evangelista Marco nel suo Vangelo spinge il lettore ad interrogarsi sulla
figura di Gesù, preoccupandosi di avviarlo su un itinerario che dall’oscurità
procede verso la piena rivelazione. Ritrae Gesù nella sua realtà umana, come
un uomo che compie atti sorprendenti, fisici e spirituali, di liberazione dal
male nei confronti di malati, riconoscendone origine e dignità soprannaturali,
perché Egli è il Figlio di Dio. Una lunga tappa lo conduce a Gerusalemme, dove
la sua immagine non sarà quella di un trionfatore ma di uno sconfitto. Proprio
nel momento cruciale della sua morte in croce, l’evangelista Marco mette in
bocca a un centurione romano la risposta al vero volto di Gesù: “Veramente
quest’uomo era Figlio di Dio”.
La coerenza e l’unità teologica del Vangelo di Marco sono da ricercare nella
“croce” e nel “kerygma pasquale”: i divieti di divulgare i miracoli o di
proclamare prematuramente la messianicità di Gesù, il tema della cecità
dell’uomo che non ri-sparmia neppure i discepoli stessi, tendono a rilevare
che la salvezza non si realizza solo attraverso il miracolo o l’insegnamento,
ma anche attraverso la morte redentri-ce. L’immagine di Gesù tracciata da
Marco nel suo vangelo rispecchia una comunità posta in crisi dalle
persecuzioni, chiamata a seguire Gesù senza scalpore e senza clamori lungo il
cammino della croce, per poterlo alla fine riconoscere come il Messia rivelato
da Dio. Gesù appare come chi svela progressivamente e senza clamore il mistero
della sua persona, nella consapevolezza di essere il Messia, il Figlio di Dio.
Marco non si preoccupa di sviluppare a fondo l’insegnamento del Maestro e fa
pochi riferimenti alle sue parole, denota il carattere elementare della
riflessione teologica e tralascia questioni dottrinali che potevano
interessare uditori giudei, come quelle sulle osservanze legali dei Farisei e
dei Maestri della Legge. Ci descrive un Gesù profondamente misterioso sul
piano spirituale, al punto che neppure i discepoli talvolta sono sempre in
grado di comprenderlo. Marco presenta il Gesù più vicino alla realtà storica:
il Messia e il Figlio di Dio, il Signore taumaturgo della natura e dominatore
delle potenze demoniache, Maestro e riformatore religioso. Ne descrive le
amarezze e lo stupore, l’indignazione e la collera, i sentimenti umani di
pietà e di tenerezza in tutta la sua umanità. Ricevuto dalle folle con
simpatia, ben presto la sua umile messianicità rimane lungamente incompresa,
anche ai suoi stessi discepoli, nonostante egli si manifestò continuamente
attraverso azioni concrete.
Gesù si sottrae agli equivoci messianici imponendo il silenzio (“segreto
messianico”), occultando la sua identità ai miracolati e ai demoni, allo scopo
di correggere la concezione politica e trionfalistica sul tipo di Messia tanto
atteso dai Giudei e mostrandosi, invece, come l’umile servo di Dio che deve
attuare la salvezza del mondo con la propria morte sacrificale. Così delude le
attese e l’entusiasmo di molti si raf-fredda. Schivando la facile popolarità,
Gesù si dedica alla formazione e all’istruzione del piccolo gruppo di
discepoli fedeli dai quali ottiene l’adesione incondizionata. Poi tutto si
orienta verso Gerusalemme, la meta prefissata, dove si consumerà il dramma
della passione coronata dalla risposta vittoriosa della Risurrezione. |